Verso fuori.

Categoria: Fisica Pagina 2 di 7

Inversione delle serie di potenze

Oggi torno, dopo un lungo periodo, a discutere di un argomento puramente teorico. Recentemente, un problema posto dal mio amico L mi ha portato a considerare la possibilità di invertire una serie di potenze. In altre parole, data una funzione espressa come serie di potenze in x, si vorrebbe un metodo per trovare la serie di potenze che definisce la sua inversa:

f(x)=\sum_{n=1}^{+\infty}f_n x^n\qquad\qquad g(x)=\sum_{n=1}^{+\infty}g_n x^n

g\circ f(x) = g(f(x)) = \sum_{i=1}^{+\infty}g_i \bigg({\sum_{j=1}^{+\infty}f_j x^j}\bigg)^i = x

Il problema è di una certa rilevanza poiché spesso le inverse non sono facilmente esprimibili in termini di funzioni “semplici” come quelle di partenza. Ad esempio, se si considera:

y = f(x) = x + \sin(x)

Si noterà subito che non esiste un numero finito di passaggi per trovare x in funzione di y. In effetti, tale relazione è un’equazione trascendente ed è il fulcro del problema posto dal mio amico: a lui serviva un’espressione approssimata per l’inversa, in modo da non dover ricorrere ogni volta ad un procedimento numerico per trovare una soluzione.

Ci sono molti modi per venirne a capo. Nutrendo ancora (nonostante i cinque anni di sofferenza) una passione segreta per la matematica, ho probabilmente seguito quello più teorico e avulso dalla realtà, l’unico vantaggio del quale è la sicurezza che esso tende, con l’aumentare della precisione, alla vera inversa. Naturalmente non è nulla di nuovo, cercando ben bene qualcosa in internet l’avevo pure trovato, ma scritto in modo tanto formale da risultare incomprensibile (e per queste parole mi perdoni C, un altro mio amico).

L’idea è di scrivere la funzione come serie di potenze e di determinare dai suoi coefficienti quelli dell’inversa. Dopo una giornata di conti, sono riuscito a trovare le relazioni che definiscono i coefficienti dell’inversa fino al settimo grado; per andare oltre, ho dovuto scrivere una piccola libreria in Python e metterla a punto per due giorni. Le prime relazioni sono:

{g_1} = \frac{1}{f_1}
g_2 = -\frac{f_2}{f_1^3}
g_3 = \frac{2f_2^2}{f_1^5} - \frac{f_3}{f_1^4}

Oltre alla prima, piuttosto ovvia, per ottenerle bisogna pareggiare i termini di grado uguale nello sviluppo della doppia sommatoria di cui sopra. Ciò conduce al problema delle partizioni degli interi (dove l’intero da partizionare è l’esponente del grado considerato) e alla loro rappresentazione tramite i diagrammi di Young o di Ferres. È chiaro dalle relazioni che esse valgono solo se la funzione “diretta” ha derivata diversa da zero sul punto dove è sviluppata, altrimenti l’inversa ha derivata divergente sullo stesso punto e lo sviluppo in serie di potenze intere cessa di essere possibile.

Ho scritto un breve documento dove delineo il procedimento teorico per ottenere le relazioni e risolvo il problema di x+sin(x). Potete accedervi da qui: Inversione di Serie di Potenze. Mi raccomando, non passate tutto il giorno a invertire serie di potenze, può far molto male. Non dite che non vi avevo avvertiti!

A presto!

Arco Circumorizzontale e Arcobaleno

Ho già scritto in passato dell’alone a 22°, un fenomeno ottico prodotto dalla rifrazione della luce solare sui cirri, alte nubi ghiacciate. Recentemente ho potuto osservare un altro evento inusuale, più raro del precedente e visibile solo in alcuni periodi dell’anno: è l’ arco circumorizzontale.

Frammento dell'arco circumorizzontale, 23.06.2015

Che roba è? Non si tratta di un normale arcobaleno (per quello leggete più avanti); infatti non solo non è necessario che piova, anzi per essere visibile non devono esserci nuvoloni temporaleschi in giro, ma non non è nemmeno curvo! Si presenta come una striscia orizzontale, più o meno diritta e bassa sotto il Sole, dai colori molto intensi. Affinché si formi l’arco circumorizzontale devono verificarsi due condizioni, una di carattere meteorologico e l’altra di tipo geometrico.

Il frammento di arco e la sua posizione rispetto al Sole

Bisogna che ci siano delle nubi cirriformi, ossia nubi di ghiaccio, nell’alta troposfera. I cristalli di ghiaccio che le compongono devono avere una forma esagonale piatta, come le piastrelle di certi pavimenti, ed essere disposti tutti con una delle due facce verso il basso, proprio come in un vero pavimento. Ho trovato questo carattere che mostra come si vedrebbe uno di questi cristalli dall’alto, riuscite a vederlo? ⬢

Il Sole dev’essere a più di 57,8° di altezza sull’orizzonte e illuminare il cirro, che al contrario dev’essere visto con un’angolatura bassa; questo è necessario perché la luce per poter uscire dalla faccia inferiore ed essere poi visibile deve entrare nel cristallo di lato (attraverso il bordo della “piastrella”) con un angolo molto alto, appunto più di circa 58°. Se il Sole è più basso di questo angolo, ci possono essere quanti cristalli si vuole ma non ci sarà verso di vedere un arco circumorizzontale. Si potrebbero però vedere altri fenomeni, come l’arco circumzenitale, una sorta di antitesi di quello fotografato qui, che compare molto alto in cielo quando il Sole è molto basso.

La seconda foto mostra la posizione dell’arco rispetto al Sole, che era alto 67°. Proprio perché quest’ultimo dev’essere molto alto, ci sono periodi dell’anno nei quali non si può proprio vedere l’arco: in Italia d’autunno e d’inverno il Sole non raggiunge mai l’altezza di 58°, nemmeno sopra l’assolata Sicilia! L’arco circumorizzontale è un fenomeno estivo.

Ci sono poi posti che non godono mai di un Sole alto a sufficienza e nei quali eventi come questo non possono mai essere osservati. Questi luoghi sono a latitudini molto settentrionali o molto meridionali: Glasgow, Copenaghen e Mosca sono città sul parallelo di confine settentrionale, mentre quello meridionale passa per Capo Horn (rispettivamente 55°24′ N e S).

Arco Circumorizzontale prima di essere copertoQuesta terza foto è stata scattata poco prima che l’arco sparisse. Quando l’ho individuato, sopra al monte Summano e al Colletto Grande di Velo, era molto più esteso e l’estremità sinistra non era coperta dalla paffuta nuvoletta cumuliforme che si vede nelle foto. I cirri che producevano l’arco erano sfrangiati in senso orizzontale: a un certo punto i colori arancione, giallo e azzurro sparivano e rimaneva una specie di “manina” coi soli rosso, verde e indaco. Sfortunatamente durante il tempo perso per prendere la macchina fotografica l’arco era già quasi scomparso, e il pezzetto che ho ripreso è stato visibile ancora solo per un paio di minuti.

 

Ma non è finita! Durante la stessa giornata, il 23 giugno scorso, si è visto anche un portentoso arcobaleno! Nel tardo pomeriggio e durante la prima parte della serata un cumulonembo, con associato acquazzone estivo, ha coperto interamente il cielo. Ma alle h. 20.16, mentre il Sole tramontava sui monti, si è aperta una “feritoia” nelle nuvole, poco più larga del Sole stesso, mentre da tutte le altre parti il cielo continuava ad essere nuvoloso e pioveva con media intensità. Il Sole era a quel punto ad un’altezza sull’orizzonte di appena 6°: è questa l’altezza minima che il Sole raggiunge a casa mia, se si esclude quando d’autunno sorge sulle colline che chiudono la valle verso la pianura. Proprio perché così basso, ecco che si sviluppa un arcobaleno enorme, anche se incompleto, perché la parte alta non veniva illuminata dalla striscia di sereno. Appariva in (quasi) tutti i suoi maestosi 84° di diametro e arrivava a terra praticamente verticale; lo si può vedere se lo si confronta con l’albera alta, il pioppo cipressino, dritto come un fuso. Immediatamente dopo il tramonto, circa cinque minuti dopo che era comparso, l’arcobaleno è iniziato a sparire dal basso verso l’alto, perché non c’era più il Sole a illuminarlo! Gli ultimi settori, debolissimi, sono scomparsi circa dieci minuti dopo, quando il riverbero luminoso delle nuvole si è spento. Qui sotto c’è una piccola galleria di immagini di questo vastissimo arcobaleno.

 

L'arcobaleno prima del tramonto del Sole.Arcobaleno e Albera Alta
Settore occidentale dell'arcobalenoL'arcobaleno dopo il tramonto

Ormai il mio sito è diventato una raccolta di fotografie più o meno naturalistiche. Ci sentiamo alla prossima, ciao!

Quanto è distante l’orizzonte?

Vi è mai capitato di seguire con lo sguardo un aeroplano, per qualche minuto? Se l’avete fatto, vi sarete certamente accorti che sembra andare fortissimo quando è proprio sopra la testa, per rallentare poi man mano che si allontana, abbassandosi verso l’orizzonte.

Ma una volta giunto all’orizzonte che accadrà? Di sicuro non si abbatterà al suolo, come l’occhio sembrerebbe suggerire: se l’aereo non è partito da poco, la sua quota sarà più o meno fissa, sui 10 km. Ma se sta ancora volando, sopra a cosa starà volando? Quanto distante sarà?

E se invece di guardare aerei salissimo noi, per quanto possibile, verso il cielo? Se dalla cima di una montagna con una buona visuale, da un picco isolato, da una svettante torre guardassimo lontano, fino a dove si spingerebbe il nostro sguardo? In altre parole, quando è lontano l’orizzonte?

https://twitter.com/AstroSamantha/status/557249075717103616
La Terra dallo Spazio – Samantha Cristoforetti

La distanza dall’orizzonte non è un concetto metafisico e sebbene possieda una certa forza evocativa è una quantità fisica precisa. Già gli antichi sapevano che oltre una certa distanza non si vede più niente e che ciò ha poco a vedere con la presenza di nebbie e foschie. Il motivo per cui esiste la linea dell’orizzonte è un altro: la Terra è rotonda.

Sappiamo tutti che le persone che vivono nell’emisfero australe sono capovolte, rispetto a come siamo noi. Naturalmente non hanno la testa in basso: il loro basso è il nostro alto, ecco tutto. Mi viene in mente una striscia di Mafalda, nella quale la bambina argentina appende il suo mappamondo al contrario perché sennò “le cadono le idee dalla testa”…

Anche quando un oggetto, allontanandosi da noi, si sposta sulla superficie terrestre il suo basso cambia rispetto a quello del punto dov’era partito: in altre parole la sua verticale e la nostra iniziano a essere diverse, a formare tra loro un piccolo angolo. Ma così come non possiamo vedere i nostri ribaltati amici neozelandesi, ad un certo punto il nostro sguardo non potrà più scorgere l’oggetto: sarà la Terra stessa, con la sua forma più o meno sferica, a nascondercelo.

Orizzonte - schema angoliMa quanto è lontano questo punto, oltre il quale la Terra si nasconde da sola? Il senso comune dice che dipenderà da quanto alti si è: non lo sanno forse tutti che per vedere lontano bisogna salire in alto? La matematica necessaria per trovare la formula corretta è piuttosto semplice, basta solo un po’ di trigonometria. O filosofi e poeti che avete letto sin’ora e che siete assaliti da un cupo timore, se non da un corrucciato fastidio, abbiate la tempra di proseguire! La conoscenza non distrugge il sentimento!

L’angolo che nel disegno è chiamato \textstyle o è l’angolo massimo oltre il quale uno che guarda dalla cima dell’altezza \textstyle h non vedrà più niente. Le linee che congiungono la cima di \textstyle h agli ultimi due punti visibili sulla superficie sono segmenti di rette tangenti alla circonferenza; non è difficile rendersene conto: una retta può intersecare un cerchio in un punto, in due, oppure in nessuno. Se la retta che passa per \textstyle h interseca due punti, il più vicino è visibile ma ci nasconde il secondo, che quindi è invisibile: guardando per terra vediamo il suolo, ma non l’Oceano Pacifico che ci sta sotto. Se non ne interseca nessuno allora stiamo guardando per aria. L’ultima direzione alla quale corrisponde un punto visibile si ha allora quando la retta interseca la circonferenza in un solo punto, e una tal retta è una tangente.

Le tangenti alla circonferenza sono sempre perpendicolari al raggio, nel punto in cui la toccano. Quindi il triangolo formato dal raggio della Terra fino al punto di tangenza, dal segmento \textstyle R+h e dal segmento che congiunge l’estremo di h al punto di tangenza è rettangolo.

Ma allora si può usare un po’ di sana trigonometria per determinare l’angolo \textstyle o, la cui misura in radianti, moltiplicata per il raggio terrestre R, darà la lunghezza dell’arco di circonferenza tra \textstyle h e il punto di tangenza, ovvero la distanza dell’orizzonte. Se non avete chiuso i vostri libri di matematica in un polveroso scatolone da almeno due secoli, dovrebbe risultarvi chiaro che:

\displaystyle \cos o\,=\,\frac{R}{R+h}

\displaystyle o\,=\,{\rm arccos} \left( \frac{R}{R+h} \right)

\displaystyle d_{or.}\,=\,R\cdot {\rm arccos} \left( \frac{R}{R+h} \right)

Bene, ecco trovata la formula che stavamo cercando. Ma serve veramente a qualcosa? Conosco un paio di persone che sanno a memoria valori sparsi della funzione trascendente arcocoseno, ma calcolarla a mente richiede un po’ di conti noiosi. Meglio fare un’approssimazione e accontentarci di una formula inesatta, che compie qualche errore, ma è più semplice da maneggiare. Del resto, a chi importa se una nave invece di essere distante 10 km, è distante 10 km e 2 cm??

Devo confessarvi che non ricordo mai lo sviluppo in serie di potenze della funzione arcocoseno. Potrei sempre ricavarlo, ma lasciatemi seguire una strada meno irta di derivate: tanto sono certo che un giorno pagherò cara anche questa. Ripartiamo dalla prima equazione, quella in cui è presente il coseno di \textstyle o. Del coseno mi ricordo lo sviluppo!

\displaystyle \cos x\,=\,1-\frac{x^2}{2}+O(x^4)

Del resto anche il membro di destra può essere rimaneggiato, in modo da essere scritto:

\displaystyle \frac{R}{R+h}\,=\,\frac{1}{1+\frac{h}{R}}

Ma posso sviluppare anche questo:

\displaystyle \frac{1}{1+x}\,=\,1-x+O(x^2)

Siccome il raggio della Terra è 6373 km, ogni altezza terrestre (e anche qualche altezza spaziale) è piccola rispetto ad esso. Mi arresto, dunque, al primo termine non costante degli sviluppi, e riscrivo l’equazione in forma approssimata:

\displaystyle 1-2o^2\,=\,1-\frac{h}{R}

\displaystyle o^2\,=\,\frac{2h}{R}

\displaystyle o\,=\,\sqrt{\frac{2h}{R}}

Ma la distanza sulla superficie, cioè la lunghezza dell’arco di circonferenza, è \textstyle R volte l’angolo \textstyle o

\displaystyle d_{or.}\,=\,R\cdot o\,=\,R\sqrt{\frac{2h}{R}}\,=\,\sqrt{2Rh}\,=\,\sqrt{Dh}

\displaystyle d_{or.}\,=\,\sqrt{Dh}

Ecco fatto: la distanza dell’orizzonte è, in prima approssimazione, la radice del prodotto tra il diametro terrestre \textstyle D\,\simeq\,12746\,{\rm km} e l’altezza da cui si guarda, ovvero, se qualcuno si ricorda ancora cos’è, la loro media geometrica. Una radice quadrata è più semplice da calcolare di un arcocoseno, ed ecco la più immediata utilità della formula approssimata.

Del resto, che approssimata lo sia appare chiaro se si considera il suo limite superiore: se uno andasse a una distanza grandissima dalla Terra, per la formula dovrebbe vederne una parte sempre più grande man mano che si sposta. Invece non è così: per quanto uno possa allontanarsi, non vedrà mai più di un emisfero contemporaneamente e il “retro” resterà sempre nascosto, proprio come della Luna non potremo mai vedere l’altra faccia, a meno di non girarle attorno.

Ma qual è l’errore che si fa quando si usa la formula? Ecco una tabellina con dei valori di altezze e di distanze degli orizzonti, per fare qualche confronto:

Chi/Cosa h d (radice) d (arccos)
Naufrago in mezzo all’oceano 2 cm 509 m 509 m
Formica in cima a un filo d’erba 10 cm 1,13 km 1,13 km
Giovanni nella prateria 1,7 m 4,65 km 4,65 km
In cima all’albero di un veliero 20 m 15,97 km 15,97 km
Campanile di San Marco 100 m 35,7 km 35,7 km
Monte Priaforà 1659 m 145,41 km 145,40 km
Monte Everest 8848 m 335,82 km 335,63 km
Aereo di linea 10 km 357,0 km 356,8 km
Stazione spaziale 400 km 2258 km 2201 km
Luna 384400 km 70000 km 9907 km

L’errore massimo (per uno che guarda dalla stazione spaziale) è circa del 2,5%! La formula approssimata è molto conveniente. Amenoché non si tenti di usarla per sapere come vede la Terra la quieta Luna. In questo caso la “quota” dalla superficie non è più piccola rispetto al raggio terrestre e l’approssimazione cade: la formula semplice fornisce un risultato assurdo, maggiore della circonferenza del pianeta, mentre quella con l’intera funzione arcocoseno dà un valore corretto, che si avvicina a \textstyle \frac{\pi}{2}\cdot D\,\simeq\,\frac{\pi}{2}\cdot 12746\,~{\rm km}=\,10010~{\rm km}, un quarto di circonferenza terrestre.

Da Capri, verso Sud

E voi, cosa aspettare a salire in alto per guardare lontano?

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